Il discernimento è uno stile ecclesiale, un percorso da compiere insieme
Si è svolta ieri la prima congregazione generale, del Sinodo dei Vescovi: dopo l’intervento del santo Padre e del Segretario generale il card. Baldisseri, il Relatore Generale, Card. Sérgio da Rocha, si è soffermato su metodo e contenuto dei lavori delle tre prossime settimane. Innanzitutto sottolineando come il discernimento, tema oggetto del Sinodo, Più che un metodo di lavoro, è uno stile ecclesiale, un percorso da compiere insieme». E quale sia la missione su cui la Chiesa fa verifica.
In un mondo sempre più caratterizzato dalla globalizzazione dell’indifferenza, le famiglie e i giovani appaiono i soggetti più vulnerabili di cui avere speciale cura. Mettere al centro i giovani significa per noi verificarci sulla qualità propositiva della nostra azione educativa e pastorale, sulla nostra capacità di trasmettere la fede alle giovani generazioni e di accompagnare ciascun giovane a discernere la chiamata che il Signore gli rivolge, e sul coraggio apostolico che ci dovrebbe caratterizzare in quanto discepoli del Signore che hanno a cuore «tutto l’uomo e tutti gli uomini» (Cfr. Paolo VI, Populorum Progressio, n. 14 e 42; Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 55 e 79; Francesco, Evangelii Gaudium, n. 181).
Nella prima unità di lavoro, circa una settimana, ha detto Da Rocha, ci è chiesto di riflettere e condividere sulla «Prima parte» dell’Instrumentum Laboris, alternando momenti di lavoro insieme (“congregazioni generali”) e lavori in gruppi più ristretti (“circoli minori”),
Chiedo a tutti i Padri sinodali, soprattutto in questa prima settimana dove si tratta di “riconoscere”, di aiutarci a comprendere la condizione dei giovani che vivono nel loro territorio, nel loro contesto, nel loro paese: nell’ascolto di questi anni di preparazione sono emerse grandi differenze ed è importante che ognuno di voi porti al Sinodo la freschezza e l’originalità del proprio contesto e della propria terra. La comunione nella Chiesa non si fa per omologazione, ma attraverso la condivisione delle nostre differenze in vista di una comunione capace di ascolto, rispetto e integrazione.
Poi il cardinale brasiliano ha chiarificato alcuni termini. Soffermandosi sulla dinamica vocazionale:
La vocazione è la parola di Dio per me, unica, singolare, insostituibile, che mi offre consistenza, solidità, senso e missione. Essa ci dona quella “grazia di unità” tanto necessaria alla nostra vita. Lungi dall’essere un principio di alienazione, la vocazione è piuttosto il fulcro di integrazione di tutte le dimensioni della persona, che le renderà feconde: dai talenti naturali al carattere con le sue risorse e i suoi limiti, dalle passioni più profonde alle competenze acquisite attraverso lo studio, dalle esperienze di successo ai fallimenti che ogni storia personale contiene, dalla capacità di entrare in relazione e di amare fino a quella di assumere il proprio ruolo con responsabilità all’interno di un popolo e di una società (Instrumenum laboris, n. 143).