Papa Francesco all’Angelus: prendiamo il largo con Gesù nel mare della vita

“Dio non vuole una nave da crociera, gli basta una povera barca ‘sgangherata’, purché lo accogliamo”. All’Angelus domenicale – commentando il Vangelo della pesca miracolosa quando Gesù salì sulla barca di Pietro esortandolo a gettare le reti dopo una notta di pesca andata male – il Papa invita i fedeli in Piazza San Pietro a non cedere al pessimismo e alla sfiducia, ma ad ospitare Gesù nella barca della propria vita. “Ogni giorno cerchiamo di ‘pescare al largo’, di coltivare i sogni, di portare avanti progetti, di vivere l’amore delle nostre relazioni. Ma spesso, come Pietro, viviamo la ‘notte delle reti vuote’, la delusione di impegnarci tanto e di non vedere i risultati sperati: «Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo perso nulla» (v. 5). Quante volte anche noi restiamo con un senso di sconfitta, mentre nel cuore nascono delusione e amarezza”.
Francesco sottolinea come Gesù scelga di salire sulla barca, perché da lì possa annunciare il Vangelo al mondo. “Proprio quella barca vuota, simbolo delle nostre incapacità, diventa la ‘cattedra’ di Gesù, il pulpito da cui proclama la Parola. Questo ama fare il Signore: salire sulla barca della nostra vita quando non abbiamo nulla da offrirgli”. Il Santo Padre domanda, dunque, se permettiamo a Dio di salire sulla barca della nostra vita, mettendogli a disposizione quel poco che abbiamo. Da qui l’invito a non cedere al perfezionismo. “A volte ci sentiamo indegni di Lui perché siamo peccatori. Ma questa è una scusa che al Signore non piace, perché lo allontana da noi! È il Dio della vicinanza: non cerca perfezionismo, ma accoglienza”.
Sulla rive del lago di galilea, la mattina non era un’ora adatta alla pesca, ma Pietro si fida di Gesù e così deve essere anche per noi, sottolinea il Pontefice. “Se ospitiamo il Signore sulla nostra barca, possiamo prendere il largo. Con Gesù si naviga nel mare della vita senza paura, senza cedere alla delusione quando non si pesca nulla e senza arrendersi al ‘non c’è più niente da fare. […] E allora accogliamo l’invito: scacciamo il pessimismo e la sfiducia e prendiamo il largo con Gesù! Anche la nostra piccola barca vuota assisterà ad una pesca miracolosa”.
Al termine della preghiera mariana, il Pontefice ha ricordato che domenica si celebrava la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili: “Sono circa tre milioni le ragazze che, ogni anno, subiscono tale intervento, spesso in condizioni molto pericolose per la loro salute. Questa pratica, purtroppo diffusa in diverse regioni del mondo, umilia la dignità della donna e attenta gravemente alla sua integrità fisica.
Il Papa ha poi rammentato che martedì 8 febbraio, nel giorno della memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakhita, si celebra la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, affidata alla rete internazionale anti-tratta Talitha Kum, e che per il 2022 avrà come tema ‘La forza della cura. Donne, economia e tratta di persone’. “Tante ragazze – le vediamo sulle strade – che non sono libere, sono schiave dei trafficanti, che le mandano a lavorare e, se non portano soldi, le picchiano. Oggi succede questo nella nostre città. Pensiamoci sul serio.
Davanti a queste piaghe dell’umanità, esprimo il mio dolore ed esorto quanti ne hanno la responsabilità ad agire in modo deciso, per impedire sia lo sfruttamento sia le pratiche umilianti che affliggono in particolare le donne e le bambine”.
Infine, il Santo Padre ha voluto menzionare due cose belle, ricordando che però troppo spesso siamo abituati a vedere sui media notizie brutte. La prima, proveniente dal Marocco, dove il paese si è mobilitato per salvare il piccolo Rayan di 5 anni rimasto bloccato dentro un pozzo. “Era tutto il popolo lì, lavorando per salvare un bambino! Ce l’hanno messa tutta. Purtroppo non ce l’hanno fatta. Ma quell’esempio – oggi leggevo sul Messaggero – quelle fotografie di un popolo lì, aspettando di salvare un bambino… Grazie al popolo per questa testimonianza”.
La seconda storia citata dal Papa, proviene dal Monferrato, dove John un ragazzo ghanese di 25 anni si è stabilito dopo aver affrontato le difficoltà della migrazione attraverso il continente africano. Ma oggi purtroppo si è ammalato di un cancro terribile che lo ha ridotto in fin di vita. “Quando gli hanno detto la verità, cosa avrebbe voluto fare: ‘Tornare a casa per abbracciare mio papà prima di morire’. Morendo, ha pensato al papà. E in quel paese del Monferrato hanno fatto subito una colletta e, imbottito di morfina, lo hanno messo sull’aereo, lui e un compagno, e lo hanno inviato perché potesse morire tra le braccia del suo papà. Questo ci fa vedere che oggi, in mezzo a tante brutte notizie, ci sono cose belle, ci sono dei ‘santi della porta accanto’.