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Papa Francesco, i migranti sono una benedizione

“Alla luce dell’esperienza latinoamericana, ho potuto affermare che gli immigrati, se li si aiuta ad integrarsi, sono una benedizione, una ricchezza e un dono che invita una società a crescere”. Sono state le parole di Papa Francesco, citando l’enciclica Fratelli Tutti,  durante l’incontro con  i partecipanti al convegno organizzato dalle Missioni Cattoliche Italiane in Europa, dal titolo ‘Gli italiani in Europa e la missione cristiana‘.

Il Pontefice, nel suo discorso, ha ricordato l’attentato terroristico del 2016 avvenuto in Belgio, presso l’aeroporto Zaventem, dove 32 persone hanno perso la vita e, successivamente, rivendicato dallo Stato Islamico. “Coloro che hanno fatto questo – ha detto – erano belgi, ma erano figli di migranti non integrati, ghettizzati”.

Francesco ha poi ricordato i passi da compiere per riuscire a rispondere alla globale sfida delle migrazioni: ricevere, accompagnare, promuovere e integrare. “Gli emigranti sono una benedizione anche per le nostre Chiese in Europa. Se integrati, possono aiutare a far respirare l’aria di una diversità che rigenera l’unità; possono alimentare il volto della cattolicità; possono testimoniare l’apostolicità della Chiesa; possono generare storie di santità. Non dimentichiamo, ad esempio, che Santa Francesca Saverio Cabrini, suora lombarda emigrante tra gli emigranti, è stata la prima santa cittadina degli Stati Uniti d’America”.

Il Papa ha poi sviluppato il proprio discorso con tre riflessioni. “La prima riguarda la mobilità, la migrazione. Spesso vediamo i migranti solo come ‘altri’ da noi”. Poi, prosegue sottolineando il fenomeno della migrazione italiana, che “rivela un’Italia figlia, in cammino in Europa e nel mondo. È una realtà che sento particolarmente vicina, in quanto anche la mia famiglia è emigrata in Argentina. Il ‘noi‘, dunque, per leggere la mobilità”.

La seconda riflessione riguarda l’Europa. “La lettura dell’emigrazione italiana nel continente europeo ci deve rendere più consapevoli che l’Europa è una casa comune”. I migranti, infatti, “stanno alimentando «il sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita» (Enc. Fratelli tutti, 10). È un bel mosaico, che non va sfregiato o corrotto con i pregiudizi o con quell’odio velato di perbenismo”.

La terza riflessione, ha poi proseguito Francesco, “riguarda la testimonianza di fede delle comunità di emigranti italiani in Paesi europei. Grazie alla loro radicata religiosità popolare hanno comunicato la gioia del Vangelo, hanno reso visibile la bellezza di essere comunità aperte e accoglienti, hanno condiviso i percorsi delle comunità cristiane locali. Come non pensare ai nostri nonni emigrati e alla loro capacità di essere generativi anche sul piano della vita cristiana? È un’eredità da custodire e curare, trovando le vie che permettano di rivitalizzare l’annuncio e la testimonianza di fede. E questo dipende molto dal dialogo tra le generazioni: specialmente tra i nonni e i nipoti”.

Proprio soffermandosi sul dialogo intergenerazionale, il Pontefice ha evidenziato un aspetto cruciale e decisivo. Ovvero, che “i giovani rimangano attaccati alle proprie radici: proprio nel momento in cui si trovano a vivere in altri contesti europei, è preziosa la linfa che attingono dalle radici, dai nonni, una linfa di valori umani e spirituali”.

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