Betlemme, casa del nostro cuore.

Ultima domenica di Avvento, a un giorno dal Natale. Vogliamo proporvi una parte del Commento al Vangelo di don Mario Simula, tratto dal sito Qumran2.
“Betlemme casa del nostro cuore, della convivialità attorno al pane, casa dell’accoglienza per il nostro girovagare.
E’ piccola, Betlemme; è insignificante, Betlemme; è povera dimora di pastori, Betlemme. Eppure la portiamo scolpita nell’anima, perché sarà la più grande di tutte le città. L’ultima sarà la prima. La nascosta risplenderà di Luce. L’emarginata diventerà il cuore della storia. Da lei uscirà Colui che ci darà l’abbondanza dei pascoli verdeggianti, la sicurezza della sua Presenza. “Egli sarà la pace!”.
E noi, come tanti nomadi stanchi e sporchi, bruciati dal sole e dal rigore del freddo, col cuore che non riesce a “sperare a pieni polmoni” e nemmeno a disperare fino a morirne; noi, col bagaglio di amarezze e di infedeltà, con il cuore lacerato e diviso, con l’unico fardello che ci appartiene, quello dei nostri peccati, ci mettiamo in viaggio alla ricerca di Colui che tanto abbiamo desiderato in questo tempo di Avvento.
Ormai il nostro animo sobbalza di felicità, nonostante le nostre povere esistenze. Non vede l’ora. E’ impaziente. Accelera il passo che dopo tanta strada si è fatto stanco e pesante.
Non siamo, tuttavia, soli. Siamo moltitudine. Con un unico dono per lo sposo: il nostro limite, i nostri tradimenti, i nostri desideri, il nostro bisogno inguaribile di Colui che deve venire per curarci.
Non siamo soli. Con noi cammina una Donna quattordicenne, appena gravida, che balza in piedi.
Non può rimanere rinchiusa dentro la sorpresa inaudita per il piccolo feto che si sta formando nel suo utero. Balza in piedi e va in fretta verso la regione montuosa, in una città della Giudea. Va e porta l’amore. Ma è un rischio. Un viaggio pericoloso e infido, come la nostra vita.
L’amore, tuttavia, non conosce lentezze, esitazioni, rimandi, calcoli. L’amore si perde nell’amore e corre e vola anche verso la montagna impervia e solitaria. Di che cosa ha paura l’amore? Della nudità, delle percosse, delle persecuzioni, delle tribolazioni, della povertà? L’amore può tutto con la forza di Colui che amiamo.
Questa Donna va, senza badare alle trappole del viaggio, va di corsa per “salutare” Elisabetta.
Portare un “saluto” significa portare la cordialità, l’amicizia, la premura, l’attenzione alla persona, la tenerezza.
La giovinezza si mette in strada per incontrare e sostenere l’età avanzata, per portare l’esuberanza e la gioia dell’Inatteso.
Il saluto è per “l’anziana Elisabetta”, la cugina che non conosce i tempi e i ritmi della gravidanza e del parto, eppure aspetta un bambino, per grazia del Signore. La Donna Giovane, vergine,
soltanto vergine e per sempre vergine, farà il tirocinio della maternità con Elisabetta. “Niente è impossibile a Dio”.
Nemmeno il cambiamento del nostro cuore, spesso sterile e arido, facendolo diventare paterno e materno allo stesso tempo…”.