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Francesco: ‘Ai colpi dell’odio reagiamo con la carezza del perdono’

E’ una invasione di palme e ramoscelli d’ulivo sul sagrato ventoso ma assolato di San Pietro, una invasione disarmata del desiderio di pace e di vita, di fronte alle paure in un mondo scosso dalla brutalità dell’eccidio, della sopraffazione, della morte. E’ la solennità del canto in coro che – con 65mila fedeli presenti di varie nazionalità – fa memoria dell’ingresso del Signore a Gerusalemme, in cui si scende nel mistero della passione e della consegna, si prova a sintonizzarsi su quel calvario di Gesù che ha capovolto ogni logica, ogni interesse. E’ l’apertura della Settimana Santa, che prelude alla luce della resurrezione, varco nel buio dei dolori dell’umanità, già ricapitolati in Cristo, colui che “non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”, che si è umiliato e Dio lo ha esaltato.

Cristo è crocifisso lì, oggi

Francesco non dimentica la guerra, lì – dice – Cristo è oggi crocifisso. Lo ripete nella corrente di preghiera intima e corale che attraversa una piazza gremita. La processione con le ‘palme fenix’ fornite dal movimento catecumenale si muove dal Braccio di Costantino. Tre diaconi leggono il “passio”, la piazza si fa composizione di luogo e tempo, torna a quella Gerusalemme che osannava il Messia. L’omelia di Papa Francesco che fa memoria della Passione di Cristo guarda ai ‘crocifissi’ della storia e a quelli della nostra contemporaneità. Le parole del pontefice in questa celebrazione della Domenica delle Palme non possono non farci guardare alla guerra, e ai ‘chiodi’ che essa infligge, rimettendo al centro la parola ‘perdono’, la sola capace di scardinare con l’amore il cuore dell’uomo.

Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio

Uno dei passaggi evidenti dove più è espicito il riferimento alle ‘morti ingiuste’ di questo tempo e di cui diventiamo anche a distanza testimoni è quello in cui Francesco commenta l’espressione evangelica ‘non sanno quello che fanno’:

Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo oggi nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi.

“Reagire ai chiodi della vita con l’amore”

Lì, mentre viene crocifisso, nel momento più doloroso, Gesù vive il suo comandamento più difficile: l’amore per i nemici. Il Papa invita a pensare a qualcuno che ci ha ferito, offeso, deluso; che ha mosso la nostra rabbia, che non ci ha compresi o non è stato di buon esempio. Tuttavia, questo riportare alla memoria non deve essere ossessivo – fa capire Francesco – o portare all’immobilismo di chi rimane a leccarsi le ferite. Bisogna reagire: “Spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto”, scandisce:

Reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono. Ma noi, discepoli di Gesù, seguiamo il Maestro o il nostro istinto rancoroso? E’ una domanda che dobbiamo farci. Seguiamo il Maestro o il nostro istinto rancoroso? Se vogliamo verificare la nostra appartenenza a Cristo, guardiamo a come ci comportiamo con chi ci ha feriti. Il Signore ci chiede di rispondere non come ci viene o come fanno tutti, ma come fa Lui con noi. Ci chiede di spezzare la catena del “ti voglio bene se mi vuoi bene; ti sono amico se sei mio amico; ti aiuto se tu mi aiuti”. No, compassione e misericordia per tutti, perché Dio vede in ciascuno un figlio. Non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Siamo noi che lo facciamo, facendolo soffrire. Per Lui siamo tutti figli amati, che desidera abbracciare e perdonare.

Non stanchiamoci del perdono di Dio

Qui il Papa si concede qualche parola a braccio ricordando come anche all’invito al banchetto di nozze, il Signore invita i suoi servi tutti, bianchi, neri, buoni e cattivi, sani e ammalati, tutti. E sottolinea che non ci sono privilegi se non che ognuno di noi è amato, perdonato. Papa Francesco insiste poi ancora sulla potenza instancabile del perdono di Dio che – dice – dobbiamo capire: “Non sopporta fino a un certo punto per poi cambiare idea, come siamo tentati di fare noi”. E il perdono, come ci viene donato, Gesù insegna a “predicarlo a tutti nel suo nome”:

Fratelli e sorelle, non stanchiamoci del perdono di Dio: noi preti di amministrarlo, ogni cristiano di riceverlo e di testimoniarlo. Non stanchiamoci del perdono di Dio.

Fonte: www.vaticannews.va

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