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Il cardinale Czerny in Ucraina per incontrare le vittime della guerra

Si è conclusa ieri la missione in Ungheria del prefetto ad interim del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale tra i profughi ucraini. Il porporato oggi a Roma. Ieri visita al Jesuit Refugee Service di Budapest, alla stazione di Nyugati e al centro di accoglienza dell’Ordine di Malta, dove ha ascoltato le storie drammatiche di Natalia, Tamara e altre persone fuggite dall’Ucraina. Infine il saluto con i giovani ecuadoriani evacuati da Kiev.

In un salone di una struttura alla periferia di Budapest, si tocca con mano il dolore che questa “crudele” guerra sta portando al popolo dell’Ucraina. Se ne fanno portavoce sei profughe, tutte donne, ora al sicuro grazie all’aiuto ricevuto dalle équipe dell’Ordine di Malta, che attendono una nuova destinazione. Il cardinale Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale, al suo terzo ed ultimo giorno di missione in Ungheria, le incontra nel pomeriggio del 10 marzo in un centro sportivo trasformato in pochi giorni in centro accoglienza. Aiutato da un interprete, il porporato si ferma ad ascoltare queste storie, fa domande, guarda le immagini sui cellulari. Foto di bunker, di alloggi di fortuna, di neonati e genitori anziani.

Natalia e le lacrime per i genitori anziani

Genitori come quelli di Natalia a cui la guerra non dà tregua dal 2014. Originaria del Donetsk, da dove è fuggita nel 2015, ora si è ritrovata di nuovo tra paura e distruzione e dal 5 marzo si è messa in viaggio con un’altra ragazza di 29 anni, per poi dividersi: una in Germania, l’altra verso la Francia. Quando arriva il cardinale è l’unica a non alzare nemmeno lo sguardo, sempre fisso sullo smartphone. Poi, sentendo le storie delle altre connazionali, si avvicina e ci tiene a mostrare a Czerny le tappe del suo viaggio, documentate sul telefonino: i sotterranei del suo palazzo, con la figlia dei vicini di pochi mesi a dormire sotto i tubi dell’acqua, le palestre e le notti in sacchi a pelo, il ristorante di un albergo abbandonato con un tavolo adibito a giaciglio. Nella gallery appare poi la foto dei genitori e Natalia scoppia a piangere: “Non hanno cibo, né medicine, moriranno anche senza bombe”.

Marina, fuggita in taxi da Kharkiv

A metterle una mano sulla spalla per confortarla c’è Marina, 62 anni. Ex impiegata in una fabbrica per la costruzione di space shuttle, è scappata da Kharkiv insieme alla figlia disabile intellettiva. “Abbiamo preso un taxi fino al centro dell’Ucraina”. E quanto avete pagato? “Niente, il tassista ha voluto solo un contributo per la benzina”. Ora Marina attende di essere trasferita in Germania. Non ha visto la sua casa sgretolarsi sotto i colpi di mortaio, ma c’è stato un “punto di non ritorno”: “La trentunesima volta che siamo stati costretti a scendere nei sotterranei. Non sopportavo più il suono continuo della sirena, mi faceva impazzire. Ho deciso di andarmene”. Non rimpiange questa scelta, nonostante “a casa” abbia lasciato il marito e il padre. Piange invece per “il calore umano” ricevuto a Budapest: “Sono davvero riconoscente”, ripete al cardinale che la benedice e le regala un’immaginetta con una preghiera di Papa Francesco.

Fonte: www.vaticannews.va

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