Papa Francesco all’Angelus: adottare lo stile di Dio per evangelizzare

All’Angelus della prima domenica di luglio, il Papa ha preso spunto dal brano dell’evangelista Luca della Liturgia domenicale per sottolineare lo stile adottato da Dio nella missione evangelizzatrice. Francesco ha analizzato le ragioni dell’invio “a due a due” dei discepoli nei villaggi per accogliere Gesù.
“A pensarci – ha riconosciuto il Santo Padre – essere in compagnia può diventare fonte di litigi, rallentamenti e svantaggi, mentre quando si è da soli, sempre il cammino diventi più spedito”. “Gesù, però, non la pensa così”, ha sottolineato ancora. “Le istruzioni che Egli dà loro sono non tanto su che cosa devono dire, quanto su come devono essere, cioè non sul libretto che devono dire, no; sulla testimonianza di vita, la testimonianza da dare più che sulle parole da dire. Infatti li definisce operai: sono cioè chiamati a operare, a evangelizzare mediante il loro comportamento”.
Francesco ha quindi precisato che i discepoli non sono da considerare dei “battitori liberi”. Secondo lo stile di Dio, la priorità è “saper stare insieme, rispettarsi reciprocamente, non voler dimostrare di essere più capace dell’altro”. Ecco, dunque, che il Pontefice ha sottolineato anche il messaggio per l’oggi: “Si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli; si possono convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza”.
Il Santo Padre, proseguendo nella sua riflessione, ha raccontato la storia di un missionario in Africa, che dopo essersi separato da un confratello, diventò un’imprenditore edilizio. Aveva però perso di vista la cosa più importante, che riscoprì solamente dopo essersi ricongiunto con lui. Il punto che il Papa ha evidenziato per invitare alla riflessione è se, come fedeli, siamo capaci di prendere decisioni insieme agli altri, rispettando il punto di vista altrui.
“La missione evangelizzatrice non si basa sull’attivismo personale, cioè sul fare, ma sulla testimonianza di amore fraterno, anche attraverso le difficoltà che il vivere insieme comporta. Allora possiamo chiederci: come portiamo agli altri la buona notizia del Vangelo? Lo facciamo con spirito e stile fraterno, oppure alla maniera del mondo, con protagonismo, competitività ed efficientismo?
Al termine della preghiera mariana, il Papa ha voluto esprimere, ancora una volta, la sua preoccupazione per la crisi ucraina ed ha invitato il mondo a continuare a pregare per la pace, non solo per il Paese dell’est Europa, ma anche per tutti gli altri pezzi della Terza Guerra Mondiale. “Faccio appello ai Capi delle nazioni e delle Organizzazioni internazionali, perché reagiscano alla tendenza ad accentuare la conflittualità e la contrapposizione. Il mondo ha bisogno di pace. Non una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca”.
Il Pontefice ha quindi precisato che il desiderio non può essere quello di una pace basata sulla paura, perché questo riporterebbe indietro la storia di 70 anni. “La crisi ucraina avrebbe dovuto essere, ma – se lo si vuole – può ancora diventare, una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni. Con l’aiuto di Dio, questo è sempre possibile!”. L’auspicio del Santo Padre è quello di passare “dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale. Un mondo unito – ha aggiunto – tra popoli e civiltà che si rispettano”.
Francesco ha anche ricordato la Beatificazione di due religiosi, tenutasi sabato scorso a San Ramón de la Nueva Orán, in Argentina. Si tratta del sacerdote diocesano Pedro Ortiz de Zárate e del presbitero della Compagnia di Gesù, Giovanni Antonio Solinas. “Questi due missionari, che dedicarono la vita alla trasmissione della fede e alla difesa delle popolazioni indigene, furono uccisi nel 1683 perché portavano il messaggio di pace del Vangelo. L’esempio di questi martiri ci aiuti a testimoniare la Buona Novella senza compromessi, dedicandoci generosamente al servizio dei più deboli”.