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PAPA FRANCESCO: “La nostra anima è migrante, l’àncora è in cielo”

«Il nostro non è un Dio assente, sequestrato da un cielo lontanissimo, è invece un Dio “appassionato” dell’uomo, così teneramente amante da essere incapace di separarsi da lui», ha detto Francesco proseguendo un ciclo di catechesi sulla speranza cristiana. «Noi umani siamo abili nel recidere legami e ponti. Lui invece no. Se il nostro cuore si raffredda, il suo rimane incandescente. Il nostro Dio ci accompagna sempre, anche se per sventura noi ci dimenticassimo di lui. Sul crinale che divide l’incredulità dalla fede, decisiva è la scoperta di essere amati e accompagnati dal nostro Padre, di non essere mai lasciati soli da lui. La nostra esistenza è un pellegrinaggio, un cammino. Anche quanti sono mossi da una speranza semplicemente umana, percepiscono la seduzione dell’orizzonte, che li spinge a esplorare mondi che ancora non conoscono. La nostra anima – ha sottolineato il Papa – è un’anima migrante».

«Tra i simboli cristiani della speranza», ha proseguito Francesco, «ce n’è uno che a me piace tanto: l’àncora. Essa esprime che la nostra speranza non è vaga, non va confusa con il sentimento mutevole di chi vuole migliorare le cose di questo mondo in maniera velleitaria, facendo leva solo sulla propria forza di volontà. La speranza cristiana, infatti, trova la sua radice non nell’attrattiva del futuro, ma nella sicurezza di ciò che Dio ci ha promesso a noi e ha realizzato in Gesù Cristo. Se lui ci ha garantito di non abbandonarci mai, se l’inizio di ogni vocazione è un “Seguimi”, con cui lui ci assicura di restare sempre davanti a noi, perché allora temere? Con questa promessa, i cristiani possono camminare ovunque. Anche attraversando porzioni di mondo ferito, dove le cose non vanno bene, noi siamo tra coloro che anche là continuano a sperare. Dice il salmo: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me”. È proprio dove dilaga il buio che bisogna tenere accesa una luce».

«Torniamo all’àncora: l’ancora – ha insistito il Papa parlando a braccio – è lo strumento che i navigatori buttano sulla spiaggia e poi si aggrappano alla corda per avvicinare il barcone, la barca alla riva: la fede nostra è l’àncora in cielo, noi abbiamo la nostra vita ancorata in cielo, cosa dobbiamo fare? Aggrapparci alla corda, andiamo avanti perché siamo sicuri che la nostra vita è come un’àncora nel cielo, in quella riva dove arriveremo. Certo, se facessimo affidamento solo sulle nostre forze, avremmo ragione di sentirci delusi e sconfitti, perché il mondo spesso si dimostra refrattario alle leggi dell’amore, preferisce tante volte le leggi dell’egoismo. Ma se sopravvive in noi la certezza che Dio non ci abbandona, che Dio ama teneramente noi e questo mondo, allora subito muta la prospettiva».

( fonte: Vatican Insider)

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