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Ricordando chi non c’è più

“Si aggira sulla nostra terra una specie di inespressa persuasione che la battaglia sia persa” Con queste parole l’arcivescovo di Milano, mons Mario Delpini, ha iniziato l’omelia nel corso della celebrazione eucaristica presieduta nel Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio. Il “santuario della gente semplice”. Una celebrazione alla quale hanno partecipato tutti i vescovi della Conferenza Episcopale Lombarda. È la risposta a quanto proposto dai vescovi del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE): celebrare messe, durante la Quaresima, per le vittime della pandemia. Vittime che in Europa hanno superato il numero di 770.000. In Lombardia il tragico bilancio indica in circa 29mila le persone che sono morte. Tra di esse 90 sacerdoti diocesani. Questa celebrazione è stata un ulteriore modo per ribadire la vicinanza della Chiesa alle famiglie delle vittime, dei malati, agli operatori sanitari e a coloro che ogni giorno sono in “prima linea” nella lotta al Coronavirus. Una celebrazione nel santuario che “celebra la maternità di Maria”. Qui i vescovi lombardi, e con loro i fedeli presenti o in collegamento tv o web, hanno partecipato alla preghiera, al canto di speranza e alla professione di fede. Delpini ha proseguito descrivendo quelli che sono i vari “demoni” che minacciano l’umanità. Tra questi, ha detto, c’è il “demone muto, che impone il silenzio, a cui tanti uomini e donne hanno aperto la porta” e che per questo, ha specificato l’arcivescovo di Milano, “non hanno più parole”. Delpini ha rimarcato che “il Regno di Dio è giunto a noi e Gesù ha scacciato il demone muto”. Per questo motivo “coloro che il virus ha assalito e ucciso hanno cominciato a parlare e cantano la vittoria di Gesù sul demone muto e proclamano che la morte è stata vinta”. Non c’è solo il demone muto a minacciare l’umanità, secondo Delpini, c’è anche “il demone ribelle” quello che insinua disperazione e a volgere le spalle al Signore. “Ma il regno di Dio è giunto a noi” – ha proseguito l’arcivescovo – e Gesù ha scacciato il demone ribelle. Gesù che ha sofferto con “coloro che soffrono, ha pianto con coloro che piangono, è morto con coloro che sono morti». Così mentre il “demone ribelle” suggerisce “di non ascoltare la voce del Signore” i figli di Dio si sono messi in cammino e “si è diffusa tra la gente una nuova forma di compassione, abitata da una fortezza mite e paziente. Una pratica instancabile della dedizione abitata dalla carità”. Delpini ha quindi citato il terzo “demone” ovvero quello della “divisione e della solitudine” che “sequestra le persone e si impegna a renderle inaccessibili” seminando desolazione nel constatare che “coloro che amiamo sono irraggiungibili. Quante lacrime hanno accompagnato morti solitarie! – ha detto il presule, aggiungendo che “il regno di Dio ha consolato i morti che non abbiamo potuto consolare, ha abbracciato i nostri cari che non abbiamo potuto abbracciare, ci ha introdotto in quella comunione che il demone non può spezzare, ci ha radunati nella preghiera che non teme le distanze».

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